Storie marinare #SPECIALE – Armatori e costruttori di Varazze

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Un altro estratto dell’ oramai, introvabile libro di Gio.Bono Ferrari L’epoca eroica della vela – capitani e bastimenti di Genova e della Riviera di ponente nel secolo XIX scritto nel 1941, ci riporta indietro nel tempo, quando gli armatori e i costruttori di Varazze erano all’apice della loro potenza.

Armatori e costruttori di Varazze

Era e fu ben naturale che la Varazze del secolo XIX, tutta presa nella febbre delle grandi costruzioni navali per conto di terzi, dedicasse poche energie alla vera navigazione. Risultarono perciò piuttosto poche le famiglie veramente armatoriali.

Il nucleo principale lo diedero i costruttori Cerruti dei vari casati omonimi. Il più grande armatore, per numero di navi, fu un Camogliese benemerito, il Cap. Cav. Prospero Lavarello, che considerò Varazze la sua seconda patria. I suoi figli Cap. Gio. Batta Lavarello e Cap. Giuseppe Lavarello furono degni di cotale padre e ne proseguirono le attività armatoriali. Altri armatori di quei tempi furono: Bruzzone Cav. Paolo, Cap. Ferro Gerolamo, Cap. Ciarlo Gerolamo, Cap. G.B. Ferro, Viganego Cav. Giuseppe. E poscia i tanti rami Cerruti.

I grandi costruttori navali che durante il secolo XIX lavorarono indefessamente su cantieri di Varazze furono: Cerruti Bartolomeo fu Cristoforo; Fratelli Cerruti fu Bartolomeo; Antonio Cerruti; Fratelli Cerruti di Antonio; Craviotto Michele; Craviotto Domenico; Cerruti Cav. Agostino; Cerruti Cav. Nicolò; Aschero Gerolamo; Baglietto Gio.Batta; Delfino Gerolamo; Imossi Nazario; Bollo Antonio; Scala Giacomo; Vallino Pantaleo; Camogli Gio.Batta fu Francesco e Camogli Bernardo fu Francesco.
Pur avendo costruito navi di minor tonnellaggio, sono degnissimi di essere ricordati: Pietro Baglietto; Bevilacqua Giuseppe; Michele Baglietto, Guastavino Antonio; Pietro Fazio; Andrea Ferro; Parodi Ambrogio e Vallarino Giuseppe.

Di buoni Capitani di “mar aufera” della stessa epoca si ricordano: Vallarino Michele fu Gio.Batta; Patrone Pantaleo; Patrone Luigi; Suardi Simone; Calcagno Gerlamo; Ciarlo Giacomo; Cerruti Cristoforo fu Gio.Batta; Cerruti Cristiano; Cerruti Luigi; Fazio Andrea; Fazio Domenico; Ramognino Benedetto; Camogli Agostino; Mombello Domenico; Quartino Lazzaro; Bollo Luigi; Visca Domenico; Ferro Antonio; Quartino Sebastiano; Vallarino Bernardo; Cap. Fazio Antonio che comandò il brigantino “Ponente”; Cap. Bozzo Luigi oriundo di Camogli, ma che formò famiglia a Varazze e che comandò i grandi bastimenti della casa Dufour; Cap. Chiazzara che comandò il suo ship “Caterina Chiazzara”; Padron Canepa Simone che prese parte alla spedizione al Polo Nord con la “Stella Polare” comandata dal Duca Degli Abruzzi.
Di navigatori che fecero la campagna di Crimea e che poi si trovarono a Lissa si ricordano: Vernazza Gio.Batta che aveva quattro medaglie al valore; Oderigo Bartolomeo; un Cerruti, un Colombo, un Vallarino e un Ciarlo.

Varazze al’epoca aurea dei suoi cantieri ebbe anche tante industrie che si svolgevano un po alla patriarcale, seppur attivissime.

V’erano delle piccole fabbriche di cordami, di tessuti di cotone, due fabbriche di ancore, un piccolo stabilimento di vernici, uno di concie, e due fabbrichette di chiodi.

V’erano poi stipettai, scultori di legno per le “polene” ed i trofei di poppa, bozzellai, velieri e fabbricanti di remi.

Un caro e vecchio nonno che a Varazze aveva costruito i suoi bastimenti, parlava spesso degli Arado, Civano, Molinari, Giordano, Antonio Fabbiano e dei due Piccardo, tutti fabbricanti di una carta che i bastimenti portavano in America come mercanzia, ma più ancora come privata paccottiglia. Un tipo di carta varazzina che in America era assai apprezzata era quella da sigarette, marca “Bilancia”.
I marinai la compravano a “balla”, formata da dieci risme, da Bartolomeo Civano e Figli, pagandola lire 42. Al Plata ricavavano comodamente 22 patacones ossia lire 110.
Anche la carta da scrivere marca “Croce” trovava facile smercio. Valeva 4,40 la risma.

Ferro Antonio, Schiappapietra Bartolomeo, Scotto Stefano e un Recagno si erano specializzati nei cordami incatramati. Macciò Michelangelo e un signor Piombo avevano fiorenti fabbriche di chiodi. I Daniele possedevano grandi magazzeni navali. I valenti bossellai, di padre in figlio, furono i Fazio e lo Zanini. E il fabbricar bosselli, dai più grandi ai più piccoli, era una vera arte.

Quei di Varazze erano tanto buoni che si esportavano in Inghilterra. I vari casati Perata erano rinomati per costruzioni di “caviglie” in legno per navi. Perata Giovanni di Bernardo controllava molti telai da tela olona. Nel 1867 espose il suo prodotto all’esposizione di Parigi e fu premiato. L’enorme quantità di tela olona occorrente per le vele dei bastimenti armati a Varazze si produceva in parte nelle terre del contado che vantava ancora, nel 1865, più di 400 telai addetti esclusivamente a tale lavorazione.

A titolo di curiosità diremo che la più speciale tela olona si poteva acquistare allo ingrosso, ossia per il completo fabbisogno di una nave, a lire 1,50 al metro. Altra industria d’allora, e redditizia, fu quella delle reti da pesca: manate e spigoni che i Capitani e gli equipaggi acquistavano per poi rivendere a Gibilterra, Tangeri e nei paesi del Plata.

Pure in quegli anni vi fu a Varazze un valente fabbricante di bussole, il Francesco Vallarino, che provvedeva ai bastimenti nuovi a ragione di lire 90 l’una e che erano più buone delle straniere.
Buschiera Luigi fu Bernardo fabbricava a mano tutte le gradazioni di succhielli e trivelli atti alla costruzione dei bastimenti. La sua produzione era assai stimata. Egli vendeva ai nostromi della paccotiglia la sua collezione, composta di 36 pezzi, a lire 55. A Montevideo e alla Boca del Riachuelo si realizzavano facilmente lire 260, calcolando il cambio del “patacòn”.

V’erano poi i grandi negozianti di tessuti e di tele di Fiandra: i Figari, gli Amigo, Parodi, Piccardo e Daniele.

Quasi tutti vendevano ai navigatori di fiducia la merce per la paccotiglia: seterie, tovagliati, tela d’Olanda, al fido e “salvo buon viaggio” che voleva significare che nel caso di naufragio il marinaio depositario della merce non doveva pagare più nulla. Ma se tutto andava bene, quando il marinaio o il nostromo ritornava, magari dopo due anni a Varazze, la prima visita era al padrone della “bottega da panni” al quale consegnava sempre onestamente l’importo di quanto aveva ricevuto. E sulla bilancetta del “pannilana” passavano svelte per il controllo del peso, le oncie di Spagna, i doblones del Messico, i soles del Perù, i condores del Chile e tutte le altre strane monete d’oro del Sud America.

Agosto 19, 2020
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