Ogni città sulla costa, nel suo piccolo, custodisce delle storie marinare. Durante un’attenta ricerca su alcuni vecchi libri, siamo riusciti a trovare importanti documenti riguardo la vita dei nostri antenati e il loro rapporto con il mare che, allora ancor più di oggi, era molto spesso la principale fonte di sostentamento.
A tal riguardo riportiamo quanto un brano tratto dal libro “L’epoca eroica della vela – capitani e bastimenti di Genova e della Riviera di ponente nel secolo XIX” scritto da Gio. Bono Ferrari, 1941 Rapallo – Arti Grafiche Tigullio. Questi passaggi riguardano, nello specifico, la cittadina di Borghetto Santo Spirito.
La sua storia marinara, specialmente durante la prima metà del secolo XIX, si identifica con la storia marinara delle altre genti delle terre finalesi. Da quello che si è sempre tramandato in paese vi furono, durante l’epoca napoleonica, degli armatori di pinchi e verso il 1830 dei Padroni di cotri alla turca e di cotri a mezzana che si occupavano del curioso e anche lucroso traffico “in proprio” del ferro tondino, da Marsiglia a Genova.
Altri Padroni possedevano, a somiglianza dei navigatori di Finale Ligure, dei cotri-feluche dal grande albero a prua e dal tipico alberetto poppiero. Con questi velieri, che in mani esperte erano assai camminatori, quei del Borghetto facevano il traffico degli olii d’oliva, per conto dei negozianti di Oneglia e di Nizza.
Quanto sopra per quello che ha attinenza con il piccolo e grande cabotaggio. Per la navigazione di “mar aufera” gli uomini del Borghetto preferivano i bastimenti di Loano e quelli di Savona. I nostromi del Borghetto erano rinomati per capacità e per fedeltà. Cap. Serra di Savona disse una volta che questi nostromi diventavano vecchi a bordo dello stesso bastimento. E che era tanto l’attaccamento al veliero, che quando questi aveva bisogno di riparazioni e rimaneva perciò molti mesi in un porto, i detti nostromi usavano rimanersene a bordo, quali guardiani, con una sopra-paga. E che era anche uso che l’armatore del barco permettesse loro di far venire a bordo la moglie e la figliolanza, che erano mantenuti – quale premio – con le normali provviste di bordo.
Degli antichi pinchi e cotri e feluche si fanno i nomi – ma assai confusi e ormai incontrollabili – di: L’Annunziata;
- Santo Spirito
- N.S. Della Guardia
- San Pietro
- Auxilia
- Padre Magnetto
- Il Lampo
- Spirito Santo Secondo
L’ultimo cotre dei navigatori di Borghetto si chiamava “Nostra Signora Della Guardia” Era stato varato dal cantiere del Ponziolo, a Finalmarina. Prima lo comandò l’armatore stesso, Cap. Candido Orsero. Poi fu comandato, e per molti anni, dal Padrone Giorgio Morello di Michele, un tenace navigatore nativo di Finalmarina.
Negli anni delle grandi costruzioni veliche, quando la nostra Liguria, da Lerici a Porto Maurizio, non era altro che un prolungato e sonante cantiere, a Borghetto Santo Spirito fiorirono anche, per il fabbisogno dei bastimenti che si armavano a Loano, alla Pietra e a Savona, molte fabbriche di cordami assai stimati per bontà e robustezza. Fabbriche alla patriarcale, nelle quali lavoravano i padri, i figli e gli uomini del parentado. Delle ultime si ricordano, per importanza, quelle di Pietro Bresciano, dei vari Magnetto, di Auxilia e Falco, Orsino Pietro, Luigi Noberasco, Giacono e Giuseppe Vacca.
Dell’ultimo periodo della vela si ricordano, oltre il già menzionato “N.S. Della Guardia” dell’armatore Candido Orsero i seguenti velieri:
- DIFENSORE: Cotre – Armatore Paolo Bresciano, che era comndato dal Cap. Carlotto del Ceriale.
- CONCEZIONE: Cotre – Armatore Paolo Bresciano, che lo comandava di persona.
- FRATELLI FIAMMETTA: Cotre – Armatori fratelli Ozilia, che era comandato dal Cap. Sebastiano Oxilia.
- MATILDE: Cotre – Armatori fratelli Falco, che era comandato dal Cap. Paolo Falco.
Questi velieri facevano un intenso e redditizio traffico costiero, trasportando a Marsiglia ed in altri porti di Provenza tegole, embrici, coppi per la costruzione di tetti, stoviglie di Albisola ed olii in abbondanza.
Andavano inoltre a Castellamare ed a Baia per la caricazione della porcellana, ad Avenza per i marmi, a Lavagna per le ardesie ed alla Spezia per le pietre di Biassa. Non v’era calanca ove non approdassero e ove non mercantassero qualche cosa. Alcuni si erano quasi arricchiti nella incetta degli olii torbidi e dei residui dei tanti frantoi ponentini, che portavano a Marsiglia alle grandi fabbriche di sapone dei Sandoval.