Storia di Noli

La storia di Noli

La storia di Noli è troppo spesso sottovalutata. Quello che oggi è una località balneare come tante altre in riviera, in passato è stata una delle Repubbliche Marinare. Nonostante già all’epoca non si trattasse di una vera e propria metropoli, il centro ha comunque rappresentato uno dei porti più importanti di tutto il Mediterraneo.

A testimonianza del suo glorioso passato, abbiamo ancora una volta attinto alla preziosissima fonte che è il libro L’epoca eroica della vela – capitani e bastimenti di Genova e della Riviera di ponente nel secolo XIX scritto da Gio. Bono Ferrari, 1941 Rapallo – Arti Grafiche Tigullio.

La storia di Noli, la più piccola delle Repubbliche Marinare

Perché sfogliando gli antichissimi decreti della sua Repubblica si leggono queste meravigliose parole: “Noli rimonta alla terza età del mondo, ad un’epoca anteriore a Roma di settecento e più anni e fu fondata da una colonia di genovesi”. Orgogliosa notizia confermata da Nonnho, poeta greco del V sec., che nel suo poema dei Dionisiaci esclama: Scorgiamo da lungi la turrita Noli, signora di molte terree potente sul mare”.

Repubblica marinara prima ancora di Genova, ricca di navi e di uomini d’arme, la Noli turrita fu stritolata nel 641 da quel castigo di Dio che ebbe nome Rotari, il re dei longobardi. Ma gli scampati avevano nel sangue il mare ed i traffici. E così la città poco a poco risorse e si fece più munita.

Verso il mille, già ricca di nuove navi e di una agguerrita marineria, la città entrava a far parte del grande marchesato dei Del Carretto.
Così facendo essa sperava di essere un giorno la vera capitale di uno Stato guerriero e marinaro. Ma dopo due secoli di alti e bassi la città di Noli si affrancò decisamente dai Del Carretto, ordinandosi a reggimento popolare, con i suoi Consoli e gli Anziani e una specie di Parlamento chiamato Consiglietto.

E da quella data, precisamente dal 1193 al 1797 circa, ossia per lo spazio di ben sei secoli, la Noli marinara fu una piccola ma grande Repubblica Fedelissima a Genova, sempre pronta a battagliare ove le galee di Genova battagliassero, la Superba trattò sempre da pari a pari con la piccola Noli appoggiandone nei mari d’Oriente le tante intraprendenze e i tanti osamenti.
Il suo nome dice tutto: “Noli”, la noleggiatrice di bastimenti. E tale fu fin dal tempo delle Crociate.

I suoi barchi, le navi con vele di gabbia, i suoi “bucio” e persino le sue “taride” furono quelle che trasportarono in Terra Santa buona parte dei guerrieri Crociati, ricavandone risonanza nautica e ricchezze ingenti.

E’ del 1268-1269 il meticoloso contratto di “noleggio” che i nolesi stipularono con gli ambasciatori di San Luigi Re di Francia, venuti apposta a Noli onde concordare l’affittanza di molte galee e “bucio” da trasporto. Ed è dello stesso anno 1268 l’altro contratto con cui Giulienzione da Noli, grosso costruttore di navi, si obbliga di costruirne una “molto grande” per il Re di Francia. Ed è pegno di noleggi un’opera d’arte pregevolissima, quella del venerato “Volto Santo”, grande statua lignea del Redentore.
La tradizione marinara dice che il raro Crocifisso l’ebbero i nolesi a Costantinopoli, in pegno o pagamento di navi che essi avevano noleggiato agli intermediari di Bisanzio.
Le ricchezze veramente ragguardevoli che i nolesi ricavavano dai tanti noleggi venivano investite nella costruzione di grandi galee da tre ponti. Quelle celebri navi nolesi che davano il diritto a coloro che le possedevano e comandavano, di innalzare dentro il cerchio delle mura una torre merlata da 50 metri che era a un tempo la casa forte e la dimora dell’armatore. Che non doveva però dormire sugli allori, ma bensì seguitare a battere i mari.

E se la sua galera naufragava o veniva distrutta in combattimento, bisognava che il casato n costruisse subito un’altra. Perché il mancato rimpiazzo di una nave significava l’obbligo di abbattere la torre munita ed altera.

Era, pensiamo, come l’ammaina bandiera di un casato in declino.

Le torri interne di Noli arrivarono ad essere 72, quanto furono le grandi galee che solcavano i mari. In epoche, si badi bene, in cui tutto il reame di Francia non ne possedeva che dodici, di galee, che non si era saputo costruire, ma che aveva acquistate dai genovesi, dal Papa e dai veneziani!

Fu precisamente per questo che la città, nei secoli di mezzo, veniva anche chiamata la Repubblica delle Torri. Or non esistono più.
Persino quella bellissima alla marina, che sorgeva accanto alle case dei navigatori Viale, e che i vecchi Capitani di Camogli se ne servivano per i rilievi d’altura, è stata abbattuta. Ma le mura di cinta che da San Patagorio si spingono verso l’alto, di balza in balza, sono ancora salde, suggestive e tanto belle.

O Noli armatoriale e noleggiatrice, come si vede ancora dalle tue ruine, dalla tua millenaria chiesa Vescovile, dal tuo ricco archivio municipale, dal residuo di antichi palazzi dugenteschi, dalla possanza dei tuoi archi in pietra. Come si vede quanto sei stata grande e importante nei secoli ormai lontani!
E come da sola, proprio da sola, sapesti fare le molteplici cose. I tuoi fieri uomini si dettero libertà in epoca in cui i tanti comuni soggiacevano alle Signorie. E sui mari d’allora osarono, direbbe un poeta, l’inosabile.

Ineguagliata maestra di traffici e di navigazioni tu fosti, durante le varie Crociate, donatrice di navi alla causa della Cristianità.
E quelle che non donasti, quelle sulle quali tu avevi, per la prima, innalzato le vele di gabbia, le “noleggiasti” con leggi e norme esclusivamente tue, ai Reali di Francia, a Riccardo Cuor di Leone ed ai barbuti Margravi di Teutonia.

Tu desti al mondo ancora ignaro l’esempio – e le norme – della mercatura e del trapasso di navi, nonché le regole complete per la temporanea cessione di navi per conto di terzi.
Dalla tua merlata Casa Comunale gli Anziani, quelli che avevano frustata la vita sui mari e che tutto sapevano perché tutto avevano veduto, consigliarono – norma e legge – quei dettami di mercatura marinara che dal tuo nome s’appellarono “noleggi”.

Per il trasporto merci, per i passeggeri, per le macchine d’assedio inventate dai genovesi ed usate dall’Embriaco. E per il noleggio delle tue navi e del corrispondente equipaggio a terze persone od a nazioni straniere. Proprio come ancora si usa a tutt’oggi.

Infatti – e molti fingono di ignorarlo – il tanto usato e decantato “Time Charter” degli inglesi altro non è che la copia esatta di quello che i tuoi Capi Anziani avevano legislato nel 1200, quando gli inglesi non possedevano ancora nemmeno una nave.

E tu invece eri già conosciuta e stimata sui mari. Ecco perché, o piccola Noli d’oggigiorno, noi abbiamo tanto caro l’onorarti. E acciocché anche gli altri ricordino che se il Portogallo, cinque secoli fa, accettò le leggi marinare di un vecchio Capitano di Arenzano; se la Spagna sei secoli addietro aveva soltanto degli ammiragli genovesi; se la Francia ebbe marineria e possanza grazie al genovese Zaccaria, ai Doria di Princivalle ed al grande ammiraglio Giovanni da Verazzano; se l’Inghilterra ebbe bisogno, per imparare la scienza del mare , della dinastia dei veneti Caboto, il mondo intero, o piccola e silenziosa Noli, si vale ancora, per il commercio marinaro, dei tuoi antichi dettami e dei tuoi insegnamenti.

E nella tua calma turrita pensa anche – e siine orgogliosa – che persino la grande Caterina di Russia, il giorno in cui un vecchio bibliotecario mise fra le sue mani i tuoi “regolamenti” del 1200, essa volle, in pieno secolo XVII, nel secolo degli illuminati, che le tue leggi venissero adottate dalle sue marinerie del Baltico e del mar Nero!
Cosicché se per fatalità, per leggi storiche e per un complesso di cause antiche che non sta a noi esaminare, tu non fosti più presente, con i tuoi barchi, all’ultimo ed eroico periodo della vela, la tua gloria antica, quella tutta velica, è tanto bella e di tanta possanza, che ben meriti di essere qui rammemorata.
E di startene, per diritto, ben degnamente assisa fra le veliche marinerie degli altri paesi ponentini.
La storia dirà sempre che tu fosti la fedele, anzi la fedelissima di Genova. E che anche quando ricevesti il colpo di grazia, causa l’acquisto del Finale da parte del Re di Spagna, la tua fede in Genova non crollò.

Dal 1598 in avanti, e per più d’un secolo, tu vedesti gli intraprendenti finalesi arricchire all’ombra della bandiera di Spagna facendo – e dal loro punto di vista avevano perfettamente ragione – il contrabbando del sale che andavano a caricare in Sardegna e alle isole Hieres e che poi vendevano ai paesi confinanti, con grave danno dell’ “estanco” genovese.
Tu avevi ancora dei barchi. Ed avresti potuto arrestare la decadenza ed arricchirti di nuovo. Ma tu eri la fedele, la repubblica che voleva ed esigeva il trattamento da pari a pari, ma che preferiva impoverirsi piuttosto che tradire.

Tu eri la nobile città che ricordavi con orgoglio le tante egregie cose fatte nei secoli. I tuoi vecchi parlavano ancora di quando nelle tue mani passava quasi esclusivamente il commercio dei “pannilana” della Linguadoca e di Chiavari; gli oggetti di rame, le spezierie, le tele di Francia, le armi da taglio e le ferramenta.

Di quando eri soltanto tu, piccola ma grande Noli, colei che aveva in pugno il mercato dello zenzero, del garofano e dello zafferano. E così, vivendo della parola data, di fedeltà e di ricordi marinari, ricordi fra i quali campeggi fulgido quello di Antonio da Noli che con una tua nave, con un fratello e un nipote e con ciurma in parte portoghese e in parte nolese, fu colui che verso la metà del secolo XIV scopriva le isole di Capo Verde, additando con il suo ardire ai portoghesi la misteriosa rotta del Capo di Buona Speranza. Tu vivesti tutto il 1600 e il 1700 dando al cabotaggio di Genova il tuo residuo di bastimenti ed i tuoi coraggiosi equipaggi.

Un giorno poi le terre di Provenza sentirono come un lontano sussulto. Un boato immane che veniva da Parigi. Dopo del primo scrollone, che non parve vero, ve ne furono degli altri.
E poi fu un lento e continuo incanalarsi di soldati e di “sanculottes” che per la strada di Nizza entravano in Liguria. Dicevano che portavano la libertà. Ma a noi portavano via, invece, le ricchezze delle nostre chiese e delle nostre case con le più meravigliose opere d’arte che ancora oggi si trovano al Louvre.

Anche Noli conobbe allora il flusso e il riflusso di gente straniera, le esosità delle taglie di guerra, i prelevamenti forzati e tante altre cose ancora. Sulla piazza ove anticamente si radunavano gli Anziani del Consiglietto, fu innalzato l’albero della libertà.

Il berretto frigio cancellava così le secolari franchigie della gloriosa repubblica marinara. Tante cose crollarono in Liguria. E anche Noli segnò, nelle pagine del suo libro antico, delle date dolorose e dei soprusi. La bella gelosa libertà antica era sparita. Per una misteriosa fatalità sparirono allora, e quasi a un tempo, le sue ultime barche, quelle che almeno ricordavano ai nolesi le antiche e degne imprese armatoriali.

Fu dopo della battaglia navale di Capo Noli, vinta dalla squadra inglese di Lord Hotan contro le fregate francesi dell’ammiraglio Martin (1797).
I signori inglesi, adducendo che quei di Noli simpatizzavano per i francesi, s’impadronirono armata mano dei superstiti pinchi e degli sciabecchi nolesi, indirizzandoli poscia al tribunale delle prede che era a Gibilterra.

In quella Gibilterra che aveva già visto arrivare tanti bastimenti camogliesi e rivieraschi, non predati in leale combattimento da “corsa”, ma bensì rubati con atti di nera pirateria mentre tranquillamente se ne stavano alla fonda nelle calanche nostrane. La perdita di quei velieri fu, per la Noli armatoriale, il vero colpo di grazia.

Nella seconda metà del XIX secolo , accanto all’industria del corallo, vi fu a Noli quella della salagione dei pesci. Detti prodotti si esportavano in Piemonte e in Lombardia e in America. Queste industrie erano nelle mani dei tanti Tissoni, ossia delle ditte di Alessandro, Benedetto, Giovanni e Lorenzo. Altri salatoi erano di Luigia Tobia e di Angelo Tobia. Il 4 maggio 1917 il trasporto di guerra inglese Transilvania navigava – carico di truppe inglesi – nelle acque di Noli. Tutto ad un tratto un siluro nemico squarciava il vapore, affondandolo.

Per dire gli atti di nobiltà, di coraggio e di abnegazione dei vecchi marinai e dei pescatori nolesi ci vorrebbe un opuscolo.
In quell’ora drammatica e difficile fu salvato il salvabile. Ed i tanti feriti inglesi furono ricoverati non negli ospedali, ma bensì nelle case private. E quasi in ogni famiglia nolese si improvvisarono delle miti e dolci suore di carità cristiana.

A tal segno che il maggiore J. D. Geary, a nome di tutti i militari superstiti scrisse che: “la nobile condotta della popolazione di Noli verso gli inglesi fu ammirevole e che sarà perciò un legame imperituro di amicizia fra i due popoli”.

Per la verità il governo inglese premiò con medaglie d’argento e d’oro al valore di marina molti, anzi moltissimi salvatori nolesi. E nell’aprile del 1933 mandò espressamente la corazzata “Devonshire” a rendere omaggio alla città di Noli. Quelle medaglie i nolesi le tenevano fra le cose più care.

Ma poi, sul finire del 1935, vennero le tanto ingenerose sanzioni. Ed allora tutti i nolesi scattarono ad un tempo. E sdegnati restituirono al Governo inglese quelle tanto meritate decorazioni.
Sempre alteri e dignitosi, quei di Noli. Dignitosi, fedeli e fieri come quei loro antichi bisnonni che piuttosto che venir meno alla parola data alla Repubblica di Genova preferirono declinare dignitosamente con essa.

Nel periodo 1830 – 1860 Noli ebbe ancora qualche barco da cabotaggio. Ma nessuno da mar aufera. Alcuni di questi velieri si dedicavano di preferenza al commercio del carbone prodotto nella plaga varazzina. Altri invece si occupavano del trasporto di derrate varie da spiaggia a spiaggia, a somiglianza di “pedoni del mare”. L’ultimo veliero di questo genere, che faceva i regolari traffici da Genova-Noli e viceversa e che portava un po’ di tutto, dai mattoni all’olio d’oliva e dalla farina alla ferramenta, è ricordato in città come l’”Assunta” che era comandato dal suo armatore, il Padrone Luigi De Ferrari.

Di Capitani di mare di quell’epoca si ricordano un Capitano Giuseppe Terrizzani, Cap. Vincenzo Bottini e un Capitano Garzoglio, che andò a stabilirsi al Perù chiamatovi dai Buccelli e dei quali comandò un bastimento che faceva i traffici dal Callao a Panama. Si ricordano inoltre, ma con notizie piuttosto confuse, vari nolesi che avevano il grado di Padrone autorizzato al comando: Sirombra, Fontana, Ganduglia, Gandoglio, ed un Peirano.

Con il declino della vela si iniziò anche per Noli il periodo emigratorio alle terre del sud America. Ma per Noli succedette allora uno strano fenomeno, forse unico in tutte le spiagge marinare di Liguria. Perché i primi a partire per la Plata non furono gli uomini della marina, ma bensì quelli delle due frazioni di Tosse e di Voze. Questa ultima località mandò al Plata molti terrazzani che laggiù di dedicarono, e con profitto, all’agricoltura nelle regioni di Chivilcoy, Chascomus, e Pergamino.

Poi partirono quei di Noli città. Luigi De Ferrari emerse per intraprese commerciali e di colonizzazione ed arrivò a possedere censo cospiquo. Seppur da lontano ricordò sempre la sua diletta Noli, inviando somme ingenti per l’asilo infantile, per l’abbellimento della sua città natìa e per i poveri.

Anche un Vincenzo Fontana si era dedicato alla colonizzazione. A Buenos Ayres, e precisamente nel grande rione genovese della Boca del Riachuelo, oprarono e formarono famiglie argentine molti nolesi.

Si ricordano Rossello Vincenzo; i vari Landò, che arrivarono a posti elevati nella finanza; i fratelli Pietro e Antonio Vivaldo; i vari fratelli De Ferrari, detti gli “Albania”; i vari fratelli Vivaldo, del casato dei “Porsellino”; vari uomini del casato Fontana; Sirombra Sebastiano; Domenico Peirano; vari Garzoglio; vari Magrone e un Antonio Buccelli, figlio del dottor Pietro Buccelli.
Il Cav. Cesare Tissoni ci disse inoltre che nei quarant’anni di suo servizio quale Segretario Capo del Comune aveva dovuto vergare innumerevoli documenti per altri antichi nolesi stabiliti in Argentina. E ci indicò i due figli di quel Luigi Serravalle che sul ponte di Monzambano, battagliando contro gli austriaci, s’era guadagnata una delle prime medaglie d’oro al valor militare. Nonché De Ferrari Andrea; Brignole Natale; vari Robatto; Tobia Simone; un Brignole, che al Riachuelo era chiamato “il genovese”.

Quando più tardi si iniziò la corrente emigratoria alla California anche alcuni nolesi andarono a tentar la fortuna in quelle terre.

Di queste torri, antico sigillo di forza, ne sopravvivono soltanto tre; quella altissima di Piazzetta Morando, che il popolo chiama del “Canto”; quella di via Sartorino e l’altra merlata del Palazzo di Città. Tutte le altre furono mozzate. Ma le loro fondamenta, nobilmente bugnate e ancora ricche di bifore e di trifore, si trovano in ogni strada della vecchia Noli.

Marzo 16, 2020
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