Storie marinare #12 – Spotorno

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Non tanto materiale quanto la nemica città marinara Noli, ma abbastanza da riempire un capitolo del libro di Gio.Bono Ferrari “L’epoca eroica della vela” da cui riportiamo, senza alcuna modifica, vocaboli o nomi che possono sembrare sbagliati, ma che a quei tempi erano in uso.

Un particolare ringraziamento al Direttore del Museo Marinaro di Camogli per la gentile concessione delle immagini che riportiamo nel testo (i quadri dei due velieri “Nilo” e “Baciccia”).

Se passate per Camogli è doverosa una sosta al museo, scrigno ricco di cimeli e immagini inerenti un’epoca di cui tutti gli italiani dovrebbero essere fieri, ma che purtroppo conoscono solo gli amanti del mare.

Ed ora torniamo indietro nel tempo, di quasi un secolo e focalizziamoci su Spotorno.

Buona lettura.

Spotorno e la sua storia marinara

In un salone del Municipio di Spotorno – e al posto d’onore – havvi il quadro d’un grande bastimento tutto invelato che scarroccia spavaldamente verso ponente, verso le sconfinate vie degli Oceani. Nel cartiglio posto appiè del quadro v’è una leggenda che trascriviamo parola per parola perché è quella che spiega l’importanza che Spotorno acquistò al tempo delle costruzioni veliche. Dice così:

Spotorno. Della portata di T. 1100, lanciato in mare il 20 ottobre 1866. Prima nave costruita sulla spiaggia di Spotorno, propizio con provvida sollecitudine il Municipio per favorire lo stabilimento di un cantiere navale, ottimamente auspicato dalla capacità dell’Ingegnere costruttore navale Cav. Gio. Batta Cadenaccio che la concepì e la diresse a splendida riuscita. L’armatore Cap. Antonio Figari fu Nicolò di Camogli, in memoria perenne dell’origine dell’ inaugurata prosperità di Spotorno, offre al Municipio il quadro della nave, da conservarsi nell’aula comunale“.

Spotorno centro visse del mare, dando con la vicina Bergeggi molti marinai all’armamento velico dei savonesi.Il suo approdo, posto all’ombra di Monte Mau, presso la confluenza del Crovello col Cerialla aveva ancora, verso il 1860, un movimento importante di bastimenti da gran cabotaggio.

Nel 1860 vi approdarono 156 bastimenti a vela e ne ripartirono 152.

Nel 1861 approdarono 140 e ne ripartirono 122 con 2448 tonn. Di carico e 207 passeggeri; nel 1862 vi approdarono 122 velieri con 360 passeggeri e ne ripartirino 119 con 470 passeggeri e 1640 T. di merce.

Nel 1863 il movimento di arrivi e partenze subì una diminuzione che si accentuò fortemente nel 1864 con grave danno dell’economia del paese.

Allora le autorità di Spotorno corsero ai ripari. E da uomini lungimiranti ed amanti della propria terra decisero agevolare e sussidiare i costruttori navali, concedendo un premio ragguardevole per ogni chiglia che s’impostasse sull’ampio arenile di Spotorno.

Fu così che il Serrati prima e poi il Cav. Gio. Batta Cadenaccio fondarono dei cantieri navali. Il Municipio, sempre lungimirante, esentò inoltre da ogni tassa le famiglie armatoriali che avessero preso stanza a Spotorno per assistere alla costruzione dei loro bastimenti.

Come s’è visto, il primo ad avere fiducia del cantiere di Spotorno fu il camogliese Capitano Antonio Figari, un già vecchio armatore che s’era fatto onore al tempo Crimea e che possedeva vari bastimenti. Chiamati da lui – che per le sue benemerenze era stato proposto per la cittadinanza onoraria di Spotorno, vennero altri armatori camogliesi, che negli anni dal 1867 al 1874 costruirono e lanciarono in mare dei grandi bastimenti per le navigazioni delle Indie e del Pacifico.

Dalle vecchie carte delle antiche famiglie armatoriali camogliesi si apprende che il Cap. Ferrari Fortunato costruì nel 1867 lo ship da 1000 tonn. “Amelia”.

Il Cap. Chiesa Biagio fece varare nel 1868 lo ship “Biagino”; il Cap. F. Ferrari fece costruire nel 1869 lo ship da 1100 tonn. “Battistina”. Nello stesso anno il Cap. Prospero Figari fece varare lo ship “Nicolino” Il Cap. Gio.B. Ferrari lo ship “Nilo”; il Cap. Nicolò Cuneo lo ship “Unione”.

Nel corso del 1870 il Cap. Angelo Figari fece costruire il “Vero F.” grande veliero da 1200 tonn. Quasi contemporaneamente il Cap. Gio. Batta Dellacasa ordinava la costruzione dello ship “Baciccia” da 1100 tonn. E il Cap. Fortunato Ferrari faceva impostare il “Romolo”ardita costruzione da 1150 tonnellate, nave marca “Stella” che doveva poi trovare tragica fine sugli scogli del Capo d’Horn.

Nel 1873-74 il Cap. Angelo Figari faceva costruire il bellissimo ship “Gratitudine” di 1300 tonn. di portata.

(i quadri dei bastimenti “Nilo” del Cap. G.B. Ferrari e “Baciccia” del Cap. G.B. Dellacasa, si conservano nelle sale del Museo Marinaro di Camogli). Come si vede i soli camogliesi fecero costruire a Spotorno una vera flotta di grandi bastimenti. Ma anche armatori di Savona, Genova e Nervi vennero allora a Spotorno, attratti dal buon costruire dei suoi cantieri e dalle agevolazioni del Comune.

Nilo
Brigantino a palo “NILO”

 

Baciccia
Brigantino a palo “BACICCIA”

 

Di bastimenti costruiti a Spotorno per armatori delle due Riviere si ricordano il brigantino “Fratelli S.”, il “Bianca”, la nave goletta “Spotorno” di un armatore ponentino, il “Madre Rosina” e la scuna “N.S.Immacolata”.
L’armatore Berninzone, nativo di Spotorno, fece costruire la “Teresa Gemma” che mise al comando del Cap. Viglienzone.

Il casato dei Berninzone era di vecchia data armatoriale; nella prima metà del secolo XIX aveva avuto varie barche da gran cabotaggio e dei velieri “carbonini”.

L’armatore Serrati aveva varato l’”Anita Menotti” che fu comandata per molti anni dal Cap. Antonio Magnone. Anche un Padron Buccelli era stato armatore di un veliero con il quale faceva i traffici di Francia.

Di antichi Capitani di mare nativi di Spotorno si ricordano vari Capitani di cognome Spotorno che operarono sui mari nella prima metà del secolo XIX.

In paese si dice, ma le notizie sono assai contraddittorie, che due Capitani Spotorno emigrassero verso il 1852 uno a Buenos Ayres e l’altro al Perù. Si favella anche di un altro Capitan Spotorno che si radicò nell’isola di Cuba, che egli conosceva per aver fatto molti viaggi alle Antille per la caricazione del melazzo di zucchero.

Notizie invece certe e documentate sono quelle che si riferiscono a: Cap. Giacomo Peluffo, che aveva una medaglia d’argento, premio d’un arrischiato salvataggio; Cap. Bado Andrea che navigò molti anni; Cap. Buccelli, che comandò bastimenti di Savona; Cap. Gio. Batta Bado, grande benefattore dei poveri e fondatore dell’Asilo Infantile; Cap. Antonio Viglienzoni; Cap. Scotto Gioacchino; l’intrepido Cap. Piccaluga, amico di Garibaldi e bella figura di lupo di mare; Cap. Gio. Batta Buccelli; Cap. Berlingieri, che dopo d’aver comandato a lungo bastimenti a vela perì nel naufragio del vapore “Vesuvio”; Cap. Antonio Magnone, medaglia d’argento della Crimea, che ai suoi tempi comandò l’”Anita Menotti” del Serrati, l’”Antonio Puccio” di Genova e l’”Adelita”; il Capitano camogliese Giuseppe Crovari, che a Spotorno, mentre dirigeva la costruzione dello ship “Romolo” s’era innamorato d’una bella fanciulla, Maria Peluffo, sorella di Capitan Peluffo, sposandola e formando famiglia a Spotorno.

Questo Capitano, comandando lo stesso ship “Romolo”, periva al Capo d’Horn, nel 1882, con tutto il suo equipaggio; un Giacinto Baiardo, macchinista navale di prima classe, morto al Plata; un Magnone Attilio, che dopo di molto navigare finì la sua carriera quale macchinista della Regia Marina.

E Magnone Italo, che navigò quasi trent’anni con i grandi velieri di “mar aufera”, fra i quali i comogliesi “Olivemont” del Cap. Prospero Razeto, il “Regina Margherita” e il “Burmau” di Capitan Maggiolo, con il quale naufragò sulle coste del Madagascar. E che passato poi ufficiale sui vapori, fu silurato con lo “Splendor” che era comandato da Cap. Scarpa.

Uno dei primi spotornesi a prendere le vie delle Americhe fu Francesco De Maestri, che sui campi del Rio Grande del sud e più tardi nell’Uruguay, al tempo della eroica Legione Italiana, fu uno dei fedelissimi di Giuseppe Garibaldi. Ritornato più tardi in Patria fu Capitano nella schiera dei Mille.

Quasi alla stessa epoca erano emigrati a Montevideo i Rossi, un Lottero, un Buccelli e vari marinai rimasti all’Uruguay causa il naufragio di un bastimento genovese.
Poi emigrò Pellegrò Parodi, della famiglia detta “Bella Italia”.

Questi Parodi diventarono nell’Uruguay persone di forte censo. I quattro fratelli Vico diventarono laggiù armatori di velieri con i quali facevano il gran cabotaggio fra Montevideo e Buenos Ayres.
Un Cap. Lottero fu un quotato pilota del Rio de la Plata. Anche un Padron Buccelli fu armatore di velieri fluviali.
Il Cap. Pellegro Buccelli si era stabilito a Buenos Ayres.

In detta città vi operarono inoltre, con commerci e piccole aziende i Cisani, Magnone, Rosso, Berlingieri. A Valparaiso ebbero commerci i Rossi; Cisani, che aveva sposato una Buccelli; Berlingieri; la famiglia di Rossi Giuseppe; Fazio; Noè Bartolomeo; Rinaldo Crovari, figlio di una Peluffo e di quel Capitano Giuseppe Crovari, che nel 1882 era perito nel naufragio al Capo d’Horn.

Nel Perù, al Callao, si distinsero i vari Buccelli che erano arrivati ad essere forti armatori di navi per i traffici degli scali cileno-peruviani.

A San Francisco di California vi si erano stabiliti i Rossi, i Fazio e le famiglie dei due fratelli Magnone.

L’ultimo ricordo armatoriale di quella che fu la marinara Spotorno è rappresentato dallo ship “Erminia” un bellissimo scafo di 2300 T. che l’allora Sindaco di Spotorno, Francesco Podestà, che era già stato l’armatore della N. G. “Miranda”, aveva fatto costruire a Sestri Ponente.

Risultò costruzione eccellente e assai veloce. Lo prese sullo scafo e lo comandò dal 1902 fino al 1905 il Cap. Biagio Chiesa di Camogli, un oculato lupo di mare che poi rimase a Buenos Ayres, ove morì comandando un vapore del Mihianovic.

Nel 1905 l’”Erminia” passò ad un altro quotato comandante camogliese, il Cap. Bartolomeo Marciani, il quale portò questo stupendo alcione proprio per tutti i mari del mondo, dal Cile all’Australia, da Giava a Falmouth, da Baltimora a Talcahuano segnando sempre delle traversate celerissime.

Verso il 1915 il Cav. Podestà vendette questo bel veliero – che era rinomato anche per le sue innovazioni di bordo – ad un armatore meridionale che lo spedì al Chile per caricare materiali bellici per la difesa della Patria. Ma al suo ritorno, e già quasi vicino alla méta del suo viaggio, veniva silurato ed affondato al largo del Golfo Leone, la sera del 26 maggio 1916.

Il bellissimo scafo bianco, a somiglianza di nobile corsiero in corsa, si impennò di prora. Con tutte le sue gonfie vele al vento. Poi si adagiò piano, ferito a morte.

E le acque si chiusero su uno dei più belli alcioni dell’epoca della vela.

Agosto 29, 2020
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